Dizionario dell'Occidente medievale

A cura di Jacques Le Goff e Jean-Claude Schmitt
Edizione italiana a cura di Giuseppe Sergi

Piano dell'opera:
I. Aldilà-Lavoro pp.XXXIV-588
II. Letteratura-Violenza pp.XVIII-750

Un'opera che colma una lacuna, dando conto del costante sviluppo della ricerca sul Medioevo. Il Dizionario, basandosi su analisi e conoscenze rigorose, intende rivelare l'immagine di una storia in divenire, farsi eco delle ricerche degli studiosi, segnalare i loro dibattiti. Come tutti i dizionari, l'ordinamento alfabetico ne facilita la consultazione, ma gli articoli non si limitano a giustapporsi gli uni agli altri e mediante una rete di rimandi incrociati danno forma ad un sistema per favorire la comprensione delle diverse sfere costitutive della società e della cultura medievali.
In ottantatre voci d'autore una magistrale introduzione alla realtà del mondo medievale e alle sue eco immaginarie.

"Il Medioevo da noi proposto è [...] vicino e lontano insieme. È vicino perché, allo strato dei retaggi preistorici e antichi, ha aggiunto (e spesso sostituito) apporti che noi avvertiamo, che oggi viviamo come retaggi fondamentali, creazioni d'identità originali: paesaggi urbani e rurali, conflitti e compromessi tra ragione e fede, rapporti difficili tra lo Stato e la società, organizzazione scolastica e universitaria, sensibilità artistica e letteraria. Tante cose ci arrivano dal Medioevo: il libro (alla fine dell'Antichità il codex cominciò a sostituire i rotoli), i nostri abiti (la camicia e i calzoni che hanno fatto dimenticare l'antica toga), il calendario, il genere letterario del romanzo, gli atteggiamenti nei confronti dei poveri, le reazioni di fronte alle epidemie (dalla lebbra e dalla peste all'Aids gli echi non mancano certo), ecc. Ma il Medioevo è anche lontano da noi. Ci è spesso estraneo, e questo charme esotico costituisce una parte importante del fascino che esercita. Per limitarci a qualche esempio, a caso, il miracolo e il diavolo non sono più onnipresenti, la morte improvvisa non è più considerata la peggiore possibile e, a dispetto dell'arte astratta (che sotto parecchi aspetti ci avvicina a una certa estetica medievale), il nostro occhio si è abituato fin dal Rinascimento a concepire la pittura e a osservare la realtà esterna secondo le regole della prospettiva. Come non sottolineare l'abisso che separa le condizioni materiali della nostra esistenza da quelle del Medioevo (e anche dei secoli che lo seguirono), sia che si tratti dell'habitat, dei mezzi di trasporto e di comunicazione, del lavoro o degli svaghi? E sebbene i credenti restino persuasi dell'esistenza di un aldilà, sebbene nuove forme di millenarismo - spesso più grossolane delle speculazioni apocalittiche dei chierici medievali - seducano un certo numero dei nostri contemporanei, abbiamo perduto l'abitudine di pensare in previsione dell'eternità."
Dalla Premessa dei curatori